A cura dell’Ostetrica Fabiana Toneatto
Perché parlare di vulvodinia?
Perché finalmente dopo anni in cui sono stati sottovalutati i sintomi definendoli solo “una vaginite” e spesso classificando le donne che ne soffrivano come donne depresse, si sta diffondendo una maggiore consapevolezza della problematica. Tuttavia è bene chiarirne alcuni aspetti.
VULVODINIA
DINIA ꓿ dolore, quindi VULVODINA ꓿ DOLORE VULVARE
La vulvodinia è difficilmente definibile, o meglio, è difficile darne una definizione precisa ed univoca. Questo perché i sintomi sono descritti in modo estremamente vario. Si tratta di un dolore cronico localizzato a livello vulvare da almeno 3-6 mesi, a volte associato ad altri disturbi come: cistiti post-coitali, sindrome della vescica dolorosa, uretronia (dolore uretrale), clitoridodina (dolore clitorideo), endometriosi, colon irritabile. Questo si spiega perché uretra, vulva, vescica, ano e perineo sono innervati dalle terminazioni del NERVO PUDENDO.
Si può genericamente definire UNA CONDIZIONE DI DISAGIO/FASTIDIO A LIVELLO DEI GENITALI ESTERNI CHE NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI È PERCEPITA COME BRUCIORE.
Può essere vissuta da parte delle donne come:
- Un bruciore intenso
- Una bruciatura
- Un irritazione
- Un dolore folgorante in tutta la regione vulvare
- Una sensazione come il taglio di un foglio di carta
- Uno strappamento
- Una sensazione di vulva escoriata
- Come il passaggio di un rasoio sulla pelle
In questo caso la vulva è apparentemente normale e l’esame clinico non mostra anomalie di alcun tipo.
VESTIBULITE VUVARE
꓿ INFIAMMAZIONE DEL VESTIBULO VULVARE
Questa particolare forma di vulvodinia è CARATTERIZZATA DA:
- DOLORE localizzato al vestibulo
- DOLORE non spontaneo ma prevalentemente provocato dal contatto
- ERITEMA del vestibulo che si evidenzia all’esame clinico
- L’eritema è di sovente localizzato a livello degli sbocchi ghiandolari (Bartolini), mono o bilaterale
- Il dolore viene evocato allo stimolo del cotton-fioc
LE CAUSE SONO SCONOSCIUTE
VULVODINIA E VESTIBULITE VULVARE NON SONO MALATTIE PSICOLOGICHE, MA LA LORO CRONICIZZAZIONE HA IMPORTANTI CONSEGUENZA PSICOLOGICHE E RELAZIONALI.
SONO RESPONSABILI DELLA DISPAREUNIA (DOLORE DURANTE I RAPPORTI SESSUALI) E DEL VAGINISMO (IMPOSSIBILITA’ AD AVERE DEI RAPPORTI SESSUALI).
ESISTONO FORME PRIMARIE O SECONDARIE: primarie quando iniziano i primi approcci sessuali o quando la donna tenta di inserire un tampone interno; secondarie quando il dolore insorge dopo molti anni di rapporti regolari e non dolorosi. In questo secondo caso può comparire in seguito a INFEZIONI VAGINALI (candida, herpes), a molteplici terapie antibiotiche, a trattamenti locali aggressivi (laser, acido acetico…), all’abuso di prodotti aggressivi per l’igiene intima, post-partum o post episiotomia, dopo interventi chirurgici perineali o perianali.
I fattori comuni nelle donne che soffrono di vulvodinia e che possono causare o peggiorare una vestibolite sono:
- L’iperattivazione del mastocita (regolatore della risposta infiammatoria): quando il mastocita é chiamato ad operare per fronteggiare un danno tissutale che causa infiammazione, queste vescicole si aprono all’esterno della cellula (degranulazione) e rilasciano le loro sostanze nel tessuto circostante. Se però ci troviamo di fronte ad una situazione di Iperattivazione, le quantità rilasciate sono molto superiori al normale e finiscono per essere dannose.
- L’ipertono del muscolo elevatore dell’ano, che si contrae in risposta al dolore e all’infiammazione
- L’iperattività del sistema del dolore indotta dall’infiammazione cronica
- La proliferazione delle fibre nervose del dolore che innervano i genitali per cui anche un tocco leggero può risultare insopportabile. Le fibre, inoltre, tendono a moltiplicarsi verso la superficie della mucosa: in questo modo anche le sensazioni tattili diventano dolorose con le caratteristiche del dolore urente.
Importante sottolineare che, come in tutte le malattie, la componente emotiva e lo stress possono influenzarne il decorso.
Spesso la diagnosi è tardiva (in alcuni casi supera i 4 anni) e il trattamento difficilmente protocollabile. I protocolli devono essere solamente indicativi, ogni donna avrà il proprio percorso terapeutico che a volte si modifica anche in corso d’opera.
Innanzitutto vanno ricercate altre patologie escludendo per esempio infezioni batteriche o virali.
E’ inutile, se non dannoso, trattare come vulvodiniche donne che hanno semplicemente delle infezioni.
L’approccio migliore è quello personalizzato e multidisciplinare. La persona va quindi presa in carico da più specialisti esperti in materia (ginecologi, ostetriche, nutrizionisti, sessuologi) e che possano lavorare insieme, comunicando tra di loro.
Nello specifico si tratta:
- dell’insegnamento di corrette norme igieniche (detergenti, abbigliamento, attività sportiva consentita…)
- dell’insegnamento di esercizi di chinesiterapia per rilassare il pavimento pelvico accompagnati dal biofeedback (per permettere alla donna una maggiore presa di coscienza del proprio tono e compliance muscolare)
- la TENS (Transcutaneous Electrical Nerve Stimulator) è uno dei trattamenti più attendibili e permette di ottenere buoni risultati (permette di migliorare la vascolarizzazione locale e di diminuire il tono muscolare)
- manipolazioni locali dei trigger point dolorosi (Stanford)
- eventuali terapie innovative (radiofrequenza vaginale, elettroporazione)
- norme dietetiche
- integratori naturali (antimastocitari, fermenti lattici…)
- eventuale terapia farmacologica
- eventuale supporto sessuologico o di coppia (è bene affrontare insieme il problema)
Non esiste una terapia univoca e rapida per tutte le forme, si procede per step personalizzati, ma i risultati che si ottengono sono attualmente molto incoraggianti e la percentuale di donne completamente guarite è in continuo aumento. Bisogna aver fiducia delle proprie capacità ed impegnarsi con positività.